I massi erratici
Questo luogo, a 800 metri sul livello del mare, a ovest della cima del Monte, prende il nome dai numerosi “massi erratici” che si trovano sul Monte Barro.
Antonio Stoppani nella pubblicazione Valsassina e il territorio di Lecco li definì “trovanti”.
“… sui fianchi dei monti, sui margini dei laghi, sui cigli dei precipizi più paurosi, dappertutto vedrete pezzi enormi di graniti, di porfidi, di serpentini, di rocce alpine di ogni genere, evidentemente divelti dai monti lontani, portati più giù a centinaia di miglia di distanza e posti a giacere così rudi e informi, ove possono meglio stupirci”.
Nell’epoca glaciale il ghiacciaio dell’Adda che scendeva dallo Stelvio invadeva la Valtellina e si univa a quello dello Spluga e della Valchiavenna proseguendo poi verso sud con uno spessore di oltre 1.500 m. e una lunghezza di 200 km circa.
Ritirandosi lasciò depositati sul fondo i materiali trascinati con sé nel suo lungo percorso, tra cui massi di tutte le dimensioni. Tra le rocce più caratteristiche che costituiscono questi massi, di composizione in verità assai varia, abbiamo serpentiniti dal colore verdastro analoghe a quelle presenti in Val Malenco oppure ghiandone, roccia apparentemente simile al granito ma con grandi cristalli bianchi di feldspato, presente in Val Masino.
Val Malenco e Val Masino distano rispettivamente 82 e 70 Km dal Monte Barro.
Questi massi erratici sono presenti numerosi sul Barro e il fatto che si trovano solamente fino a quota 850 (la vetta è a 922 metri) fa ritenere che la cima del monte emergesse dal ghiaccio anche durante la massima espansione dell’ultima glaciazione, detta di Würm, avvenuta circa 20.000 anni fa.
Per millenni i massi erratici hanno alimentato la fantasia popolare perché la teoria delle glaciazioni è stata messa a fuoco solo nel corso della seconda metà dell’800 e quindi non si riusciva a spiegare la presenza di massi la cui struttura rocciosa era di sicura provenienza alpina e non aveva niente a che vedere con le rocce e il suolo circostante.
Oggi i massi erratici rimasti, che sono considerati veri e propri monumenti dell’era glaciale, sono protetti da una legge regionale, ma per millenni sono stati scalpellati, sfruttati, e riutilizzati come materiali da costruzione per farne tombe, bare sacrificali, stele, cippi stradali, marciapiedi, architravi, stipiti di portoni, capitelli oppure strumenti di uso quotidiano come macine per cereali o legumi.
Era infatti certamente più comodo utilizzare queste rocce che si trovavano a portata di mano che andarle a prendere nelle cave della Valtellina e trasportarle fino a destinazione.
Il sasso della pila
Alcuni massi erratici mostrano curiose cavità semisferiche, la cui origine è controversa.
Alcune di queste cavità sono sicuramente di origine artificiale, ossia dovute all’azione dell’uomo che in tale modo ricavava oggetti d’uso o strutture connesse allo svolgimento di riti sacri; altre hanno invece una genesi naturale collegata a fenomeni quali l’alterazione differenziata dei diversi minerali componenti la roccia ovvero l’erosione localizzata.
Questo piccolo erratico di ghiandone, posto a sud-est della cima, è detto “Sasso della Pila” (mortaio) per la presenza di una cavità regolare a forma di scodella sicuramente di origine artificiale.
Una cavità di questo tipo si poteva prestare ottimamente alla macina dei cereali, utilizzando un pestello in legno.
Il Masso delle Coppelle
Il Masso delle Coppelle è un erratico in roccia scistosa metamorfica trasportato dai ghiacciai dell’ultima glaciazione e ricoperto da una sessantina di coppelle del tipo a scodella levigata. Alcune sono di grandi dimensioni, raggiungendo i 7 cm di diametro e i 3 cm di profondità. Esse interessano tutta la parte superiore inclinata a valle del masso e sono particolarmente addensate nell’area a monte.
Le coppelle sono cavità realizzate intenzionalmente dall’uomo su massi o superfici rocciose più o meno levigate, preferibilmente in roccia cristallina, il cui significato non è molto chiaro anche se abbiamo prove che la loro produzione è durata sino a pochi decenni fa in alcune aree particolari e con modalità e intenzioni diverse.
E’ quindi difficile, in linea generale, poter procedere a una datazione a meno che le coppelle non si sovrappongano a incisioni rupestri datate in base alla tipologia dei manufatti raffigurati.
Le coppelle sono presenti già nella Preistoria ma sembra che la loro produzione si sia intensificata, almeno nelle nostre zone, durante la Protostoria (ca. I millennio a.C.) continuando, come si è detto, sino a epoca recente.